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La sfida dell’invecchiamento della popolazione in provincia di Bergamo. L’analisi di SPI-CGIL

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Tra poche settimane 164 Comuni bergamaschi su 243 saranno impegnati in una nuova tornata elettorale per rinnovare le proprie amministrazioni. In vista di questa delicata fase, allo SPI-CGIL è parso doveroso e utile tornare ad analizzare la composizione demografica del territorio provinciale per come si è sviluppata negli ultimi anni, per cercare di rintracciare i nuovi bisogni che, almeno in parte, ne derivano.

“Gli indicatori demografici più aggiornati sono per noi sempre strumento utile per proseguire la riflessione che da tempo svolgiamo per orientare la negoziazione sociale sul territorio” ha dichiarato Augusta Passera, segretaria generale dello SPI-CGIL di Bergamo, illustrando l’elaborazione dei dati curata dall’Ufficio Studi dei pensionati CGIL provinciale. “L’analisi conferma tendenze ormai ampiamente acquisite anche nell’opinione pubblica: il preoccupante aumento del tasso di denatalità, l’incremento costante della popolazione anziana, l’impellente necessità di reperire risorse per finanziare il sistema previdenziale, presente e futuro, e le politiche di welfare in termini generali, partendo dalle politiche sanitarie. Senza mai dimenticare che le priorità sono gli investimenti sulle nuove generazioni, con lavoro e retribuzioni di qualità, e la redistribuzione della ricchezza prodotta dalle nuove tecnologie a fronte di una diminuzione della forza lavoro, è importante rimettere al centro dell’agenda politica e sindacale il tema di come tutelare e valorizzare le pensionate e i pensionati”.

Gli anziani nella società bergamasca
In provincia dal 2012 al 2024 la quota percentuale di anziani è cresciuta dal 18,3% al 22,5%. Una dinamica meno accentuata ha interessato il capoluogo, dove però nel 2024 gli over65 costituiscono ormai un cittadino su 4 (25%). La percentuale degli ultra80enni raggiunge ormai una quota importante della popolazione: a livello provinciale i “grandi anziani” sono pari al 6,8%, (nella città di Bergamo 8,9%). Allo stesso tempo l’incidenza degli under 15 è diminuita dal 13,2 all’11,8% nel capoluogo e dal 15,6 al 13,3% a livello provinciale.

Meno fratelli, zii, cugini
I processi di individualizzazione hanno favorito la frammentazione dei nuclei familiari e l’incremento di quelli monofamiliari e monogenitoriali. Nel 2022 le famiglie bergamasche erano 478mila. Dal 2011 al 2021 la quota dei nuclei unipersonali è cresciuta dal 29,5 al 33,8% (in città siamo arrivati al 46,2%), Nel comune di Bergamo, nel 2019 la tradizionale coppia con figli costituiva solo il 18,4% del totale dei nuclei familiari, il 14,4% era costituito da coppie senza figli e circa il 10% da un genitore con figli.
Va sottolineato che una quota cospicua dei nuclei ristretti è monoreddito e, relativamente alla percentuale di anziani con pensioni basse, nel 2021 la bergamasca (7,3%) è la quarta in lombarda dopo Sondrio, Como e Varese.
“Le reti di parentela si sono sempre più assottigliate. In un Paese il cui pilastro di cura dei grandi anziani è la famiglia, diminuisce il numero dei familiari che sono in grado di fornire assistenza” fa notare Augusta Passera. “Osservando i dati ci si accorge di come occorrerebbe riorganizzare gli interventi socio-assistenziali, qualificando maggiormente i servizi e partendo dalla considerazione che il modello di famiglia tradizionale è ormai superato”.

I nuovi bisogni
Gli stili di vita e le condizioni di salute dei 65-75enni sono oggi molto più simili a quelli del resto della popolazione. Tuttavia l’invecchiamento è una condizione molto differenziata, che dipende dalla combinazione di fattori, di risorse e di contesto a disposizione di ciascuno.
La domanda sociale degli anziani, oggi, va oltre la richiesta di un sistema previdenziale adeguato, (ad es. la rivalutazione delle pensioni) e di servizi socio - sanitari efficaci.
Come segnalato anche nei documenti dei piani sociali di zona elaborati dagli Ambiti della bergamasca, numerose persone anziane vivono in abitazioni non più idonee alla loro situazione personale: i problemi riguardano soprattutto la presenza di barriere architettoniche, la necessità di contesti più tutelanti, le ridotte capacità di gestione di un una abitazione ma non tali da necessitare di risiedere in struttura.
“Si potrebbero proporre piccole esperienze di convivenza (nuclei da 2-3 persone) da parte di anziani con diversi gradi di autonomia” propone la sindacalista. “A queste si potrebbero affiancare servizi aggiuntivi di assistenza e cura, attivabili in forma condivisa per l’intero nucleo anche in connessione con alcuni servizi esistenti sul territorio. Se è vero che all’aumentare dell’età diminuisce la mobilità delle persone, occorre estendere e migliorare le iniziative intraprese nell’ambito dei programmi di rigenerazione urbana (cofinanziati dalla Regione e dal PNRR) nella direzione di preservare e sviluppare ‘spazi intermedi’ in cui gli abitanti possano incontrarsi, comunicare e intessere relazioni sociali. Ma anche promuovendo il mantenimento dei negozi tradizionali, sostenendo i piccoli esercizi di vicinato, allo scopo di agevolare gli anziani negli acquisti, e potenziando il trasporto pubblico nei confronti della domanda debole”.

Il welfare
Nel periodo 2013–2020 sono aumentate le persone che hanno avuto accesso al servizio sociale professionale e all’assistenza domiciliare generale (Sad) ma si rilevano problemi sul fronte della non autosufficienza e della diversificazione degli interventi socio-assistenziali.
Considerando che nel nostro territorio vivono circa 73mila over80, il numero delle prestazioni socio-sanitarie offerte nel 2020 risulta molto basso: 663 utenti anziani per i voucher-assegno di cura e 290 utenti per l’assistenza domiciliare integrata.
Molto bassa risulta anche la quota degli utenti anziani del telesoccorso: 281 nel 2020, erano 296 nell’anno pre-Covid e 584 nel 2013. Gli anziani che hanno fruito direttamente dell’integrazione alla retta delle strutture residenziali sono pari a 544 nel 2020 (erano 493 nel 2019 e 640 nel 2013- non si ricomprendono in questi dati i casi in cui sono le loro famiglie a ricevere sussidi per le rette).
“Per quanto riguarda il tema della non-autosufficienza, occorre promuovere la realizzazione di appartamenti protetti e centri polifunzionali, complementari alle tradizionali Rsa e integrati con gli altri servizi come i Centro diurni integrati” prosegue Passera. “Questi interventi (almeno la parte relativa agli investimenti) potrebbero essere finanziati con il ricorso agli avanzi di amministrazione, disponibili in molti Comuni. È necessario, inoltre, che si punti a uno sviluppo sia dei supporti sanitari a domicilio oltre che ad una maggiore integrazione e al coordinamento tra ambito sanitario, sociosanitario e sociale, potenziando concretamente la medicina territoriale e dando corpo - non solo facciata - alle ‘Case di comunità’ e agli ‘Ospedali di Comunità’. Per questo è importante che gli Ambiti e i singoli Comuni da una parte si attivino autonomamente e dall’altra vengano effettivamente coinvolti nelle fasi di programmazione e di erogazione dei servizi, per conseguire l’obiettivo di una effettiva integrazione sociosanitaria”.

Qui sotto le tabelle:

Tabella 1

 

Tabella 2

 

 

Via Garibaldi, 3 - 24122 Bergamo (BG)

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